IL DIALETTO SICILIANO

Siciliano (Siculu, Sicilianu)
Parlato in: Italia e comunità di emigranti
Regioni:Parlato in: Sicilia e altri 30 comuni
Persone: 10 milioni

 

 

 

La conformazione geografica di isola, ha certamente permesso al dialetto siciliano di mantenersi lontano da influenze di confine. Il risultato è una certa omogeneità dei dialetti siciliani, che comunque si distinguono per alcuni tratti fondamentali.
Data la lunga e tortuosa
storia della Sicilia, è difficile distinguere tutte le influenze linguistiche subite dalle diverse aree dell'isola, che comunque si può dividere in parte orientale e occidentale.

L'influenza latina nell'isola è stata molto forte, anche se piuttosto lenta e contrastata dalle lotte tra Roma e Cartagine. Lo strato della popolazione che aveva acquisito il latino, comunque, non lo perse mai, neanche con le dominazioni greche ed arabe, ma anzi lo rafforzò con diverse ondate di colonizzazione culturale.

E' così possibile rintracciare, nel siciliano, due diverse ondate di influenza latina. Una più arcaica, basata sul sistema fonetico latino, con le vocali finali pronunciate sempre in maniera chiara (non come negli altri dialetti italiani meridionali), ed una più influenzata da correnti bizantine in cui si distinguono tre nuovi caratteri. Si afferma la metafonia (cambio vocalico), tra Ragusa, Enna e Caltanissetta, per cui le vocali cambiano sotto l'influenza della "u" finale, come in "muortu" diverso dal femminile "morta", e "fierru" al plurale "ferra"; i gruppi consonantici "nd" e "mb" si assimilano in "nn" e "mm", "quannu" per "quando", ma questa innovazione non raggiunge Messina né Catania; e per ultimo, la "d" intervocalica diviene "r", come in "cririri", per "credere", o in "deci" per "dieci", questo elemento si è affermato soprattutto in provincia di Catania.

Anche la dominazione normanna ha lasciato il suo segno, contaminando il siciliano con alcuni elementi gallo-italici. Le tracce di quest'influenza si trovano nelle parole "badagghiari", sbadigliare; "vozzu" per "gozzo"; "dumani" per domani; comuni al siciliano e al toscano e completamente diverse dai corrispettivi
calabresi.

Ma le compelsse vicende storiche della regione hanno lasciato tracce anche nel lessico siciliano, in cui è possibile trovare anche parole spagnole, come "criata" per serva; parole orientali, come "sceccu" per asino; francesismi, come "custurieri" per sarto, "racina" per una (fr. raisin).

Il siciliano si distingue quindi per molto vocaboli dalle altre lingue meridionali, ricodiamo, oltre agli esempi già citati, anche "animulu" per arcolaio; "tastari" per assaggiare; "scannari" per ammazzare; "sciaurari" per odorare. E ancora "picca" per poco; "cozzu" per poggio; "agnuni" per cantuccio; "crastu" per montone, etc…

Tra i vocaboli condivisi con la Calabria, troviamo invece "scurzuni" per serpe; "cattibo e cattiva" per vedovo e vedova; "lemmo" per catino.

I dialetti siciliani si possono quindi dividere in tre zone: siciliano occidentale, diviso tra area palermitana, trapanese e agrigentina; siciliano centrale, diviso tra le aree nisseno-ennese, agrigentina orientale e delle Madonie; e siciliano orientale, diviso in area siracusano-catanese, nord orientale, messinese e sud orientale.

 

Il Siculish è la sicilianizzazione di parole e frasi della lingua inglese da parte di immigrati siciliani negli Stati Uniti della prima metà del XX secolo, per necessità o per ottenere un effetto umoristico. Alcune volte il Siculish è stato usato per sicilianizzare i toponimi geografici americani abitati da comunità sicule: così Bensonhurst divenne "Bensinosti", New York si trasformò in "Nova Jorca" e Brooklyn in "Brucculinu".

Altre forme di Siculish si sono inoltre sviluppate in comunità di immigrati siciliani all'interno di altri Paesi anglofoni come Canada e Australia. Le sorprendenti similitudini tra queste forme sono dovute a movimenti trans-nazionali di emigranti o, molto più probabilmente, da logici adattamenti dell'inglese a norme linguistiche del siciliano.

Alcuni immigrati di seconda generazione confondono sovente il siciliano attuale con parole Siculish. Questo accade specialmente con parole che hanno con l'inglese una derivazione linguistica comune, come l'antico normanno. Ad esempio : trubbulu e trouble ("problema"); damaggiu e damage ("danno"); raggia e rage ("rabbia"); tastari e to taste ("assaggiare"); attruppicari e to trip ("inciampare").

Lo scrittore Leonardo Sciascia, nel racconto La zia d'America (contenuto nella raccolta "Gli zii di Sicilia"), utilizza alcune "sicilianizzazioni" di termini inglesi (come ad esempio la parola storo, utilizzata per indicare il negozio, dall'inglese store).

 

    

 

 

fonti utilizzate: vikipedia, e dal sito italiadonna