LETTERATURA

 

 

 

Curioso destino quello della letteratura di Sicilia: in nessun luogo come nell'isola si registra una così lunga e significativa permanenza del dialetto come lingua letteraria, tanto da dar vita a due filoni, distinti linguisticamente, ma spesso compresenti anche nello stesso autore: quello della letteratura in lingua italiana e quella in dialetto siciliano.

 

La scuola poetica siciliana - Federico II (1194-1250) è un eccezionale organizzatore della cultura. Nella sua corte, la Magna Curia, promuove lo studio del diritto, della filosofia, della medicina e delle lingue: arabo, greco, latino ed ebraico, veicolo, a quel tempo, del sapere filosofico e scientifico. Nella corte federiciana l'esercizio della letteratura si sviluppa come attività aristocratica ad opera di principi e di alti funzionari, che vedono nella poesia un elegante passatempo, un completamento della loro mondanità e raffinatezza. I poeti siciliani riprendono temi e stile del loro poetare dalla lirica provenzale dell'"amore cortese": una sorta di servizio d'amore che l'uomo, come vassallo, presta a una Madonna. La lingua utilizzata è un siciliano epurato dalle espressioni municipali, fuso con latinismi e provenzalismi: una lingua "illustre", strettamente letteraria, che esclude ogni realismo e che, proprio per questo, è in grado di influire su tutta la lirica d'arte italiana. Fondamentali sono anche le scelte metriche operate dai siciliani: da allora il settenario e l'endecasillabo, da essi privilegiati, divengono predominanti nella nostra tradizione poetica. Fra gli autori della scuola siciliana vanno annoverati gli stessi sovrani: a Federico II si attribuiscono quattro canzoni e un trattato sulla caccia; i suoi figli Enrico, Federico, Manfredi e Enzo, re di Sardegna, scrivono poesie. Fra gli altri esponenti si possono ricordare il notaio di corte Giacomo da Lentini, considerato l'inventore del sonetto. Giacomo Pugliese, Rinaldo d'Aquino, Guido e Odo delle Colonne, Pier della Vigna (reso celebre anche da un episodio dantesco - Inferno. XIII, 25 sgg.) e Cielo d'Alcamo, autore del notissimo contrasto Rosa Fresca Aulentissinia.

La grande stagione della scuola siciliana si spegne con il tramonto della Magna curia: fra XIV e XV secolo la poesia d'arte dell'isola assume come modelli Dante, Petrarca e Boccaccio e va via via perdendo d'importanza, oscurata da quella popolare in dialetto.

 

Umanesimo e Rinascimento - La riscoperta dei testi classici, e della lingua greca in particolare che segna l'Umanesimo, ha in Sicilia uno dei suoi più importanti centri. Grazie ai viaggi compiuti dagli studiosi e all'intensa attività delle accademie (degli Accesi, dei Solitari, degli Sregolati, degli Irresoluti, ecc.), in questo periodo gli scambi culturali fra l'isola e il continente divengono particolarmente intensi. Noto, Palermo, Siracusa, Catania, Messina sono i maggiori centri culturali del periodo. Messina, in particolare, ospita nel monastero di S. Salvatore una scuola di greco che raggiunge fama internazionale grazie all'insegnamento di Costantino Lascaris (1434-1501). Grandi conoscitori e "cercatori" di testi classici sono anche Antonio Beccadelli (1394-1471) e Giovanni Aurispa (1375-1459). Il Cinquecento segna la riscossa della lingua siciliana contro la preponderanza del toscano, ormai usato in tutti gli atti pubblici. In questo periodo si afferma infatti un forte sentimento regionalistico che sfocia nella pubblicazione dei primi vocabolari siciliano-latino e nella codificazione grammaticale del dialetto. In campo poetico, il petrarchismo allora dominante trova modo di esprimersi sia in dialetto con Antonio Veneziano (1580-1593), autore di un canzoniere in due libri intitolato "Celia", sia in lingua toscaneggiante con le Rime di Argisto Giuffredi (1535-1593).

 

Fra Seicento e Settecento - Il XVII secolo vede, in conformità con l'estetica barocca un enorme sviluppo del teatro grazie soprattutto a Ortensio Scammacca (1562-1648), autore di tragedie di argomento sacro e profano. La commedia fiorisce sia in lingua italiana che in dialetto e, servendosi della satira e dell'umorismo, mette a nudo le debolezze di una società decadente.

Con il Settecento si diffondono anche in Sicilia i fermenti della cultura illuministica, il cui maggior frutto è l'impostazione dell'analisi storica su basi scientifiche. Esempi di questa nuova cultura sono la storia della Sicilia dell'abate G. Battista Caruso (1673-1724) e la storia della letteratura siciliana redatta da Antonio Mongitore (1663-1743). La riflessione filosofica ispira componimenti letterari di vario genere. Il pensiero di Cartesio trova un cantore in Tommaso Campailla (1668-1740), autore di un poema filosofico intitolato L'Adamo, ovvero il mondo creato: mentre il sistema di Leibniz viene esaltato da Tommaso Natale ne La filosofia Leibniziana. Ispirata da Rousseau e dal sensismo, è la poesia dialettale del maggior poeta del secolo, Giovanni Meli (1740-1815), autore di poemi bucolici (La bucolica) e satirico-filosofici di chiara impronta illuminista (L'origini du lu munnu, Don Chisciotti e Sanciu Panza).

 

L'Ottocento - L'Ottocento si apre con le dispute, spesso intrecciate a quelle politiche risorgimentali, fra classicismo e romanticismo. Eliodoro Lombardi (1843-1894), poeta tipicamente risorgimentale, esprime in versi il suo impegno di garibaldino. Il clima romantico favorisce la storiografia e io studio delle fonti regionali della cultura: Michele Amari (1806-1889) inaugura un nuovo periodo della critica storica con La guerra del Vespro siciliano e Storia dei Musulmani di Sicilia, mentre Giuseppe Pitrè (1841-1916) ha il merito di iniziare studi sul folklore che sollevano il piano della considerazione storica la vita e le tradizioni del popolo siciliano.

 

Letteratura e realtà - Il verismo, nato come reazione al romanticismo in nome di un'arte ispirata alla concretezza del mondo reale, si afferma in Sicilia verso la fine dell'Ottocento. Anticipato dalla poesia positivista di Mario Rapisardi (1844-1912), il verismo trova una compiuta teorizzazione in Luigi Capuana (1839-1915): l'opera d'arte deve cogliere il senso della vita concreta, indagare il mondo contemporaneo, le leggi di natura, essere documento umano. A tali criteri e al metodo della rappresentazione impersonale della realtà sono ispirati i suoi capolavori, Giacinta e il marchese di Rocca verdina. Anche Giovanni Verga (1830-1922), dopo gli esordi d'impostazione tardoromantica, a partire dal racconto Nedda, aderisce alla poetica verista. Il suo capolavoro, il romanzo "I Malavoglla", doveva rappresentare la prima sezione di un ciclo intitolato "I vinti", di cui porta a termine solo la seconda parte (Mastro Don Gesualdo). Al centro dell'opera di Verga è la descrizione della realtà siciliana con occhio oggettivo, ma ricco di pietà per il destino degli umili, che si esprime tramite una scrittura sobria e un linguaggio che riproduce, all'interno della lingua italiana, i ritmi e la parlata del dialetto. Al verismo si ispirarono anche Federico De Roberto (1861-1927), autore de I Vicerè e de L'illusione, nonchè diversi poeti fra cui Giuseppe Aurelio Costanzo (1843-1913) e Giovanni Alfredo Cesareo (1861-1937).

 

Il Novecento - La letteratura del nostro secolo deve alla Sicilia uno dei suoi più importanti esponenti, il premio Nobel (1934) Luigi Pirandello (1867-1946). Dopo aver esordito come poeta e autore di romanzi ancora legati al verismo, incentra la sua opera narrativa sulla tematica dell'isolamento dell'individuo in una società che gli è estranea (il fu Mattia Pascal, Novelle per un anno). Lo smascheramento pirandelliano della relatività della condizione umana trova la migliore espressione nel teatro, di cui l'autore siciliano è grande innovatore nei contenuti e nella forma. Fra i capolavori di Pirandello ricordiamo Liolà, Pensaci Giacomino, Cosi è (se vi pare), Sei personaggi in cerca di autore.

Grande importanza per la storia della cultura italiana ha anche l'opera del filosofo Giovanni Gentile (1875-1944). Fautore di un ritorno all'idealismo hegeliano, dopo aver collaborato con Croce alla "Critica", aderisce al partito fascista e, in qualità di ministro della pubblica istruzione, diviene promotore della riforma della scuola italiana. Sul fronte politico opposto, Concetto Marchesi (1878-1957), antifascista e deputato del PCI, è autore di studi sulla storia della letteratura latina tutt'oggi considerati dei classici. Il ritratto amaro, veristico-decadente, dell'aristocrazia siciliana del risorgimento è al centro del romanzo postumo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957), Il Gattopardo. Narratore satirico e grottesco è Vitaliano Brancati (1907-1954) che nei suoi romanzi (Don Giovanni in Sicilia, Il bell'Antonio, Paolo il caldo) prende di mira i miti dell'erotismo e del gallismo. Elio Vittorini (1908-1966) ha un ruolo fondamentale nel diffondere la conoscenza della letteratura statunitense contemporanea e nel rinnovare la tradizione narrativa italiana secondo i moduli del neorealismo (Conversazione in Sicilia, Uomini e no).

Stile scabro da inchiesta poliziesca e coraggiosa denuncia delle piaghe della società italiana e siciliana caratterizzano i romanzi di Leonardo Sciascia (1921-1989), tra cui Il giorno della civetta, Todo modo, Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia. Un vero e proprio "caso letterario" è quello di Gesualdo Bufalino (1920-1996). Rivelatosi all'età di sessantanni con Diceria dell'untore, ha immediatamente attirato il favore di critica e pubblico con numerosi libri di narrativa, poesie, memorie e critica (Argo il cieco, Il Guerrin Meschino). Rigorosa riflessione storica e scrittura barocca sono i tratti caratteristici della prosa di Vincenzo Consolo (1933). In campo poetico, un posto di primo piano spetta a Salvatore Quasimodo (1901-1968), premio Nobel 1959, la cui opera ha rinnovato in modo originale i moduli espressivi dell'ermetismo (Ed è subito sera, La terra impareggiabile, Dare e avere). Meno conosciuta, ma di sicuro interesse, è la poesia metaforica (Canti barocchi, Plumella) di Lucio Piccolo (1903-1969) e quella, di forte impegno sociale, di Ignazio Buttitta (1899-1997) che ha trovato, ancora una volta, nel dialetto la migliore forma d'espressione dell'anima popolare siciliana (Lu pani si chiama pani, La peddi nova).

 

Sicuramente l'uomo del nuovo millennio è Andrea Camilleri, autore di teatro e scrittore che è riuscito a trovare il modo di diffondere il siciliano in Italia e nel mondo. I suoi romanzi sono scritti con un linguaggio molto particolare, con una sintassi decisamente siciliana e un lessico a metà tra italiano e siciliano, in modo tale da poter essere compreso anche da chi parla l'italiano senza aver bisogno di traduzioni. La bravura come narratore gli ha consentito anche un'ampia diffusione all'estero. Nell'immaginario collettivo, Camilleri è associato al personaggio di Salvo Montalbano, commissario della città immaginaria di Vigata.

 

 

Fonti utilizzate:  SICILYWEB.COM , Wikipedia,SciaraWeb.