ETNA

INDICE

 

CLICCA SULLE IMMAGINI PER INGRANDIRE..

 CLICCA PER VEDERE L'ETNA IN DIRETTA SU WEBCAM

 

 FOTO   ETNA         VIDEO  ETNA

 

 

 

 

Il paesaggio etneo, con il suo fascino filtrato e reso suadente dal mito e dalla leggenda, è stato descritto sia dai poeti e scrittori (tra gli altri Omero, Virgilio, Euripide, Pindaro nell’antichità’ classica e, in tempi recenti, i catanesi Rapisardi, Verga, Brancati, Patti, e il francese Peyrefitte) ed anche  da registi (Pasolini e Visconti) , da viaggiatori illustri specie nel periodo dell’illuminismo. Basti ricordare tra questi ultimi Pietro vescovo d’Argo, il Bembo, che ne parlò nei “ Dialoghi sull’Etna”, meritano di essere menzionati pure  il Fazello, il Kircherie, il Knight, il de Riedsel, il Brydone, l’Houel interessato alla vulcanologia, il Goethe e, nell’ottocento, l’architetto francese Viollet Le Duc ed il critico d’arte Berenson.

 

La storia della formazione del vulcano è passata attraverso tre fasi;

a) la prima, inizia nel quaternenario (600.000 anni fa), con fenomeni eruttivi sottomarini;

b) la seconda, a partire da 150.000 anni fa, con l’emersione dell’area e quindi con intensa attività subaerea che diede luogo il primo  “edificio vulcanico” chiamato “Etna primordiale”;

c) c) la terza, con inizio circa 10.000 anni fa, che ha prodotto il suo progressivo innalzamento fino all’attuale altezza di 3323 metri.

L’origine sottomarina dell’Etna è testimoniata da conchiglie ed altri avanzi fossili d’animali acquatici trovati nelle sabbie e nelle argille  tra i 300 ed i 350 metri d’altitudine dei terreni tra Paterno’ ed Acicastello e, ad altitudine maggiore, nella parte orientale e settentrionale.

Dell’attività’ eruttiva del vulcano parlano- a parte i viaggiatori e gli scrittori di cui diremo appresso- nell’antichità’ classica (in cui l’Etna verdeggia di boschi e forniva legname a tutta la penisola), Diodoro Siculo, Strabone, Tucidide, Ovidio, Aristotele, Diogene Laerzio, Apolloro, Luciano, Cicerone, Petronio, Lucano, Dione Cassio ed Appiano.

La prima delle eruzioni di cui si ha notizia è quella del 693 a.C. in cui si dice che i fratelli Pii ( la cui immagine è stata tramandata in antiche monete catanesi) salvarono i propri genitori portandoli amorosamente sulle spalle.

Le più spaventose sono quelle del 1669 (descritta dalla Spallanzani e che distrusse quattordici villaggi raggiungendo il mare a Catania e colmando il suo porto), quella del 1381 che riempì di lava il porto d’Ulisse a Ognina, quella del 1563 che oltrepassò il Simeto e quella del 1838, lunga ma non funestata da terremoti.

Le più recenti sono note e l’elenco nel tempo dovrà ancora allungarsi tanto spesso si alternano periodi d’apparente calma con fasi più o meno intensa e devastatrice.

I crateri spenti sono innumerevoli e con forma e dislocazione pia varia: a tronco di cono, a ferro di cavallo, ellittici, rotondi, a “bottoniera”, isolati, ecc.

I principali crateri attivi sono quattro:

a) il centrale, che è il più vecchio, con una bocca di 250 metri di diametro;

b) la “bocca nuova” formatasi nel 1968 e prossima alla precedente da cui è divisa solo da una cresta;

c)il “nord-est”, il più alto (3323 metri), formatosi nel 1911, che è stato molto attivo fino al 1971;

d)il “sud-est”, che data dal 1971 e che a partire dal 1978 ha dato origine ai più recenti episodi eruttivi dell’Etna.

Le prime tre bocche si riuniscono in un unico condotto craterico, mentre la quarta ha una camera magmatica a più di 2000 metri di profondità(cioè nelle viscere della terra e alta complessivamente più di 5000 metri).

Dal punto di vista morfologico le lave si possono classificare in:

a)    lave di tipo AA (medio-piccole, acuminate e instabili per improvvisi cedimenti);

b)    lave di tipo Pahoehoe (cioè solide, compatte e quindi più stabili delle precedenti).

Quando alle morfologie esterne possiamo distinguere le “lave a corde” ( senza dubbio le più pittoresche, di cui l’esempio maggiormente noto è quello delle gole dell’Alcantara), i “megatumuli”, i “dammùsi” ( termine d’origine araba che indica una conformazione a lastroni), i cornetti e le grotte di scorrimento ( cavità all’interno del magma solidificato), peculiarità queste ultime di pochissimi vulcani al mondo di cui la “grotta dei tre livelli”, sopra Zafferana, è forse l’esemplare più insolito.

La vista di un eruzione è, anche nella nostra epoca in cui il senso del meraviglioso va rarefacendosi, uno spettacolo indescrivibile che ricorda le suggestioni dei tempi in cui l’Etna era ritenuta la fucina dei fulmini di Giove.

L’attività del vulcano è tuttora vivace e frequentemente, data la sua vitalità, e passa attraverso tre fasi, che si alternano a periodi di quiete  (detti impropriamente di “ estinsione”).

La fase esplosiva è quella che con sordi boati manifesta il suo risveglio e, con rapida intermittenza, dà luogo prima a sbuffi di vapore e poi alla violenta emissione di frantumi di lava.

Alla prima fase, senza dubbio la più godibile perché priva di conseguenze devastatrici e con effetti da fuoco d’artificio, seguono quelle “effusiva” e di “espansione” che sono strettamente connesse.

La fase “effusiva” è, infatti, quella in cui la lava che defluisce forma il “fiume di fuoco” che si avvia, con lento ma inesorabile cammino verso le pendici del monte.

Quella di “espansione” costituisce l’impatto finale del fiume di lava con il territorio in una vicenda in cui la natura, avendo il sopravvento, resta ancora mitica e ancora affascina come agli albori della storia.

 

Il fascino del paesaggio etneo è singolare sia per la sua varietà data dalla morfologia delle rocce vulcaniche, a volte d’incredibile fantasiosita’, sia per la vegetazione ( che muta, secondo l’altitudine, la struttura fisico-chimica dei terreni e la vetustà della lava). Se a ciò si aggiunge la presenza della neve, è facile intuire che tale suggestione aumenta ed ancor più accentuata dal contrasto tra la solennità del monte innevato e la vivacità dello sfarfallio della luce isolana su quinte prospettiche e su primi piani di solare luminosità e di colorata evidenza.

Un ideale itinerario da percorrere è quello in cui le rocce laviche fanno da scenario a singolari visioni paesistiche. In  esso l’acqua, fluviale o marina, è sottolineata da una bordura di nero basalto che si sfrangia anche dentro la distesa liquida.

Questo suggestivo itinerario inizia lungo la costa ionica a partire da Catania-dove le garitte spagnole, a pochi metri dal mare, si stagliano sulle rugosità della superficie grigio-ferrigna-proseguendo per Acicastello antecedente alla costituzione dell’Etna; quella d’Acitrezza è notevole per avere i “faraglioni” formati da lave a morfologia colonnare come le gole dell’Alcantara.

L’itinerario prosegue con Capomulini, S.Maria la Scala (splendida spiaggia di una delle patrie del barocco siciliano: Acireale), Pozzillo  e Torre Archirafi.Qui la lava termina per riapparire, inaspettatamente, a capo Schiso’ dove il cratere di Moio- uno dei piu’ eccentrici del vulcano assieme a quelli originati dalla terribile eruzione del 1963 che colmo’ il porto di Catania con torrenti di lava-ha dato a questo tratto di costa l’incofondibile carattere che contraddistingue la “costa dei ciclopi”.

Da Naxos, internandosi ai confini tra le provincie di Messina e Catania, si raggiunge Gaggi e, poco oltre (lungo la linea di demarcazione tra Motta Camastra e Castiglione di Sicilia ), si offre alla vista lo spettacolo singolarissimo delle gole dell’Alcantara, dette Pretolo.

Questo episodio paesaggistico è, senza dubbio, tra le varie morfologie che contraddistinguono le colate, quello piu’ pittoresco, essendo costituito dalle “lave collinari” o “a corde” che formano delle vere e proprie sculture naturali molto sfaccettate e dense d’ombra. E lo rendono piu’ interessante le acque del fiume omonimo che vi scorrono all’interno –alimentate dai nevai dell’Etna-e che, lungo il percorso, formano pittoresche cascate attorniate dalla residua vegetazione di platani, oleandri, tamerici e papiri, che un tempo era assai piu’ densa.

Le gole sono strette pochi metri e profonde piu’ di venti, il che accresce la suggestione del luogo, e il loro nome-di origine araba-significa ”ponte” a sottolineare la facilita’ del guado.

 

IL PARCO DELL’ETNA

 

Una  recente legge ha costituito il parco dell’Etna per salvaguardare la sua flora e la sua fauna cosi singolari che, assieme allo spettacolo determinato dall’attivita’ vulcanica, fanno di questo complesso naturale “uno dei più validi motivi di interesse e di richiamo dell’intero continente europeo”.

La legge divide il territorio in quattro zone, in una sola delle quali è consentita l’attivita’ venatoria.

La vegetazione etnea inizia sulla costa col finocchio di mare, il cappero, la ginestra, il mesembriantemo, il ficodindia e l’agave, che una volta si frammischiavano ai fitti boschi ora inesistenti.

In particolare sulla costa scogliosa-che è prevalente –la vegetazione si compone di lattughe di mare, sargassi, porfire e schimmelmannie ornate di colore rosso sangue.

Lasciando il litorale s’incontrano, via via che si sale di quota, tre aree vegetative. In  quell’inferiore il carrubo e l’olivo si mischiano alla ginestra e all’artemisia, mentre nei terreni irrigui o meno aridi si trovano vaste distese d’aranci, cedri, limoni e, di mandaranci.

Nella zona intermedia, oltre al leccio, delle cui foreste restano pochi esemplari, si trovano il cerro, la betulla, e la rovella, ma soprattutto il castagno è la coltura arborea più diffusa.

Merita un cenno il plurisecolare “castagno dei cento cavalli”, ubicato nel comune di S.Alfio, che secondo la tradizione diede riparo, all’incirca a  cento cavalieri( donde il nome), rifugiatisi sotto la sua enorme mole, a causa di un violentissimo temporale.

Oggi alcuni studiosi lo ritengono, addirittura uno degli alberi più longevi d’Europa.

Sia in questa che nella precedente area vegetativa allignano ubertosi vigneti la cui produzione vinicola è giustamente rinomata (Solicchiata, Randazzo, Linguaglossa, Sant’Alfio ecc.

Nella zona più alta, quella montana, troviamo la ginestra ( a volte con dimensioni d’albero), il pino laricio (che prima lambiva l’abitato di Linguaglossa ed ora forma una vasta pineta più a monte), mentre il faggio attecchisce miracolosamente anche sugli erti pendii della valle del Bove.

Nella regione altomontana (che forma assieme alla precedente la terza area vegetativa) crescono il ginepro, il crespino e l’astragalo siculo, ”uno spettacolo eccezionale, che puo’ trovare affinita’ solo con le steppe montane di certe regioni asiatiche”, e, prima della subarea a muschi e licheni, si trovano i cerasti, le saponarie e moltissime varieta’ di viole.

Questa fioritura, notata da Aristotele e indubbiamente caratterizzante, accomuna l’Etna con un altro vulcano, il picco di Teneriffe, soprannominato appunto “zona de la violeta”.

Non si puo’ chiudere questa breve rassegna della flora etnea senza ricordare che lungo il fiume Alcantara, oltre ai  platani, agli oleandri ed alle tamerici, si puo’ trovare, meno copioso che sul fiume Ciane, il papiro.

La fauna etnea- anche se costantemente minacciata dall’uomo, è ancora oggi possibile trovare, numerose varieta’ d’uccelli come tordi, pivieri, pavoncelle, beccacce, gru, aironi, anatre, l’acquila reale e da altre specie.

Assai interessanti, inoltre la farfalla “Austocaris Damone” e il cane “cirneco” o cane dell’Etna la cui elegante struttura fisica è molto simile a quella dei cani egiziani ( il cui ricordo c’è pervenuto attraverso l’iconografia degli antichi templi)  da cui sembrerebbe derivare.

 

 

Webcam live

Monte Mongibello

( ETNA)


 

SI CONSIGLIA DI VISITARE L'ISTITUTO NAZIONALE DI GEOFISICA E VULCANOLOGIA SEZ. CATANIA

  Indirizzi Cliccabili