Il carretto siciliano: un'
orgia di colori, una scia d'oro. Le strade, al suo passaggio, s'illuminano. Sole,
zolfo, arance, limoni, cielo, mare, campagna verdissima, melloni di fuoco,
fichidindia e lava dell'Etna.C'è tutta la Sicilia dalla "cassa" a gli
"sportelli", dalle ruote alle aste. Tutta la Sicilia con i suoi panorami d'Arabia
e "bàlaco", garofani incantati e gigli di sant'Antonio, nella mescolanza
salsojodica dei venti del Mediterraneo.
La storia del carretto
siciliano risale
appena ai primi dell’Ottocento, eppure sembra, per il suo carattere favoloso,
affondare nei secoli. Lo scarso sviluppo della viabilità nell’isola aveva
limitato i trasporti, fino al Settecento, al dorso degli animali. Quando,i
Borboni cominciarono ad aprire le prime strade, la Sicilia parve destarsi da un
lungo sonno e lanciò i suoi traffici per le nuove arterie con impeto giovanile,
dando un vigoroso impulso alla fabbricazione dei carri sempre più richiesti e
apprezzati. Ogni paese ebbe i suoi carradori, i suoi fabbricanti di finimenti
lucidi di specchietti e di borchie.
Rinacque forse da un
sentimento ancestrale l’amore per il carro più bello ed elegante. I carradori
non sapevano nulla del mondo antico, ignoravano l’esistenza dei cocchi assiro-babilonesi e quello di Tutankhamen non era balzato ancora dal mistero dei
sepolcri di Luxor, eppure si riallacciarono, per una simpatia atavica, a quei
modelli e li vollero come quelli istoriati e lampeggianti. C’entrò un po’ anche
il gusto delle barche che si vestivano di fastose decorazioni, ma soprattutto un
senso tutto mediterraneo del colore. Le ruote e i raggi e le sponde erano
finemente intagliati, le chiavi di sostegno ornate di rosoni, di angioli e di
draghi, le spalliere di vicende che parlavano alla immaginazione. Dapprima si
preferirono scene religiose che narravano la passione di Gesù e la vita di un
santo, poi si passò alle vicende dei Reali di Francia che erano il fulcro
dell’"Opera dei
Pupi". E queste
finirono col trionfare e resistono ancora al mutar delle mode con qualche
eccezione per altri personaggi che incarnavano l’ideale eroico della gioventù
siciliana. Ogni carro aveva, nei suoi cinque scomparti, un ciclo rappresentato
nei suoi episodi culminanti con battaglie scenografiche, duelli fra paladini e
saraceni, cavali al galoppo e bandiere crociate ondeggianti al vento.
Negli ultimi tempi erano
apparse le scene di "Cavalleria Rusticana" rese popolari dall’interpretazione di
Giovanni Grasso e poi dalla musica di Pietro Mascagni.
Il carrettiere era il re della
strada: aveva per trono la sponda del suo carro, per scettro la sua frusta e un
servo fedele, la bestia che ubbidiva ai suoi richiami.
Il carretto e' da sempre il
simbolo della Sicilia e della sua tradizione. Un'esplosione di colori.
Nelle sponde, nelle ruote, nella cassa, in ogni singolo pezzo che lo compone
troviamo i colori del meraviglioso SOLE Siciliano, delle angurie di fuoco, dello
zolfo, delle arance e dei limoni, del cielo e del mare, della lava dell'Etna e
dei fichidindia.
Nel suo complesso rappresenta
una sintesi delle civiltà mediterranee che posero piede nell'isola, il loro
concentrato: i colori Arabi, gli arabesci Turco-Bizantini, i costumi
Greci, le "cianciane", le "frange" Spagnole. Osservandolo da vicino sembra
di guardare e di sentire tutta la Sicilia con i panorami aspri, i suoi profumi
misteriosi, le sue lontananze.
Il suo modellino in scala
non manca mai nella casa degli emigranti, di coloro che il destino ha spinto
lontano dalla loro terra.