ARTE  IN  SICILIA

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arabo-normanna

Dopo tre secoli di occupazione bizantina e due di dominazione musulmana, i re normanni si insediano in Sicilia nell'ultima metà dell'XI sec. Nel termine "arte arabo-normanna" si nasconde una sottile combinazione di elementi islamici (fatimidi, abassidi e magrebini), romanici (veicolati dalle frequentazioni dei sovrani, tra cui alcuni Benedettini franco-normanni), latini (portati da monaci italiani che seguono i Normanni durante il loro, viaggio nel sud Italia) e bizantini (provenienti da vari monaci e da un patriarcato greco-bizantino). La conquista araba ha inizio nell'827, nella regione di Trapani. Durante i due secoli e mezzo di potere, questo popolo trasforma l'aspetto della Sicilia, spostando la capitale da Siracusa a Palermo, modificando il paesaggio con lavori d'irrigazione e nuove coltivazioni provenienti dall'Oriente, ma soprattutto divulgando delle forme fino a quel momento sconosciute. In questo periodo vengono eretti numerosi edifici, sempre costruiti, in perfetta armonia con la natura: palazzi, moschee, minareti, giardini e fontane. In campo architettonico, viene introdotta in Sicilia una nuova tipologia decorativa: le figure umane lasciano il posto alla geometria e agli arabeschi, l'interno delle abitazioni viene abbellito dai colori della ceramica, mentre i soffitti si ricoprono di ricchi alveoli a stalattiti. Ai giorni nostri non sussiste purtroppo alcun monumento di rilievo appartenente all'epoca musulmana. Questi splendidi palazzi arabi spariscono infatti con l'arrivo dei Normanni, che se ne appropriano per riallestirli e modificarli, rendendo impossibile distinguerne l'antica funzione. Dell'operato arabo, permangono unicamente alcuni elementi decorativi e il tracciato sinuoso e irregolare delle vie, tuttora visibile nel tessuto urbano di certe città come Palermo. Tutta la ricchezza dell'arte arabo-normanna nasce da un forte desiderio, da parte dei sovrani normanni, di emulare lo sfarzo di Bisanzio, città che sognano di conquistare. Grandi costruttori, i nuovi capomastri siciliani fanno uso di tutte le loro energie creative per erigere monumenti d'incomparabile splendore. A partire dalla fine dell'XI sec. e durante tutto il secolo successivo, vengono innalzate grandi chiese ideate da monaci-architetti, sia greci che francesi e latini (Benedettini ed Agostiniani), ispirate alle forme classiche: pianta basilicale a croce latina o greca, torri e portale sulla facciata, coro spesso Sormontato da una cupola. Questi edifici vengono contemporaneamente abbelliti da mosaici bizantini realizzati da artisti greci e da ornamenti arabi (archi a ferro di cavallo, decorazione fatta di arabeschi ed alveoli). Ne risulta oggi un curioso insieme di edifici, tutti risalenti al XII sec., che offrono la particolarità di associare questi tre stili.  Nell'architettura degli edifici religiosi, quest'influenza è caratterizzata dalla scelta della pianta centrata quadrata, nel cui interno è inserita una croce greca con volta a botte (come nella Martorana, nella chiesa di S. Nicolò Regale di Mazara del Vallo o in quella della SS. Trinità di Delia a Castelvetrano). Nella struttura, si riconosce la tradizionale cupola siculo-bizantina, posta alla crociera del transetto su un tamburo poligonale. Anche per i capitelli, l'arte arabo-normanna si rifà a quella bizantina, introducendo un pulvino tra il capitello e l'impoista dell'arco (visibile nel Duomo di Monreale). L'assenza di rappresentazione della figura umana nella scultura bizantina può essere spiegata per tre ragioni: innanzitutto l'antipatia dei cristiani nei confronti dell'arte statuaria pagana, in secondo luogo il movimento iconoclasta (che bandisce le immagini sacre) e infine, l'influenza araba. Si dà quindi alle rappresentazioni scultoree un aspetto più che altro geometrico. In quanto alla tecnica, la pietra non viene più modellata in superficie bensì lavorata in profondità, con l'ausilio di un trapano frequentemente usato per eseguire piccoli fori. Ne risultano a volte sculture talmente traforate da sembrare vere e propri ricami di pietra. La pietra profondamente scavata permette di evidenziare maggiormente le figure in rilievo, scavandone profondamente i contorni (poi anneriti con il mastice). La più ricca ed evidente espressione dell'arte bizantina è tuttavia il mosaico che, utilizzato per ricoprire immense superfici con personaggi e vari motivi decorativi, diviene ben presto un'arte monumentale. A parte il caso della Martorana che rispetta pienamente i canoni bizantini, la disposizione del programma iconografico (teologico e liturgico) nelle chiese siciliane è modificata per facilitarne la visione dal trono reale (a Monreale e nella Cappella Palatina a Palermo). Così, sia a Cefalù che a Monreale, il Cristo Pantocratore è raffigurato in cima all'abside, mentre nelle chiese greco-bizantine si trova al centro della cupola. Infine, i re normanni si fanno rappresentare nelle sezioni tradizionalmente riservate ai santi, con i simboli dei basilei (imperatori bizantini) al fine di affermare il proprio potere. Gli Arabi portano con sè nuovi metodi di costruzione e di decorazione, che permettono lo sviluppo di veri e propri capolavori. In architettura, vengono introdotti l'arco a sesto acuto, l'arco rialzato (che si erge verticalmente sopra al capitello prima di incurvarsi) e l'arco moresco, il più rappresentativo di tale influenza: la parte superiore di quest'arco, talvolta a sesto acuto, descrive un semicerchio che si restringe alla base, formando un ferro di cavallo. Nel loro interno, tali strutture architettoniche presentano spesso delle decorazioni a stalattiti, chiamate muqamas, alveoli dipinti e scolpiti in aggetto che ornano inoltre cupole, pennacchi, capitelli e mensole. La decorazione del Duomo di Monreale (vicino a Palermo), quella della Cappella Palatina e quella dei palazzi della Zisa e della Cuba (anch'essi a Palermo) costituiscono splendide testimonianze dell'influenza islamica. La tipica tendenza araba a realizzare opere minuziosamente lavorate si ritrova in alcuni ornamenti scolpiti, quali la cornice di merloni dentellati di San Cataldo a Palermo, che costituisce un'elegante base per le tre cupole rosate che coronano l'edificio. I Musulmani apportano cambiamenti anche nei volumi, costruendo cupole a "berretto d'eunuco" come a San Giovanni degli Eremiti. E' caratterizzata da una pianta a croce latina e da facciate con torri massicce, che rivelano la tipica impronta dei Benedettini, più precisamente cluniacensi, dediti ad ampie e monumentali realizzazioni. Secondo gli studiosi, la facciata (due torri con pianta quadrata e identica struttura) del Duomo di Cefalù sarebbe ispirata alla chiesa di St-Etienne di Caen, mentre il suo interno presenta cornici ed archivolti (insieme degli intradossi di un'arco) presumibilmente influenzati da quelli delle chiese di Caen. Tuttavia gli edifici religiosi non danno grande spazio alla scultura normanna, che si manifesta unicamente sotto forma di disegni geometrici sulle arcatelle e di altri motivi decorativi, quali i fasci di foglioline e gli ovuli situati sul pulvino del capitello. La tendenza alla stilizzazione si diffonde anche nelle figure animali e in quelle vegetali, rappresentate da semplici palmette o da piante sottili e piatte, rigide e senza fioriture (come il giunco). Tuttavia alcuni prestigiosi monumenti, tra cui il chiostro di Monreale, conservano splendidi insiemi di capitelli istoriati di tradizione tipicamente romanica. Benchè numerose opere di questo periodo rivelino chiaramente un'influenza ben definita, alcune combinazioni di stili finiscono per diventare veri e propri modelli che caratterizzano l'arte durante il regno degli Altavilla. Nella Cappella Palatina, la sovrapposizione della pianta centrata quadrata bizantina, adottata per il coro, e della pianta basilicale con copertura lignea di origine latina, scelta per la navata centrale (situata ad un livello inferiore). costituisce un nuovo modello in seguito riprodotto nel Duomo di Monreale. La cattedrale di Palermo presenta inoltre la stessa decorazione esterna, ad arcatelle intrecciate e ornate da motivi geometrici in lava, dell'abside di Monreale costruita precedentemente. Vi si nota sia un legame con le bande lombarde che adornano frequentemente l'esterno delle chiese romaniche del resto d'Italia, che una riproduzione dei disegni geometrici orientali, dai toni contrastati (rosoni, scacchiere...).
Capolavoro indiscusso di questa scuola siculo-normanna, la Cappella Palatina unisce all'arte romanica, caratterizzata da una pianta allungata a tre navate e da strette finestre da cui la luce filtra soffusa, l'arte islamica, che si ritrova nella sontuosa decorazione del soffitto, nelle varie iscrizioni arabe e negli archi ogivali, e quella bizantina, cui deve la cupola su pennacchi ad angolo, i mosaici su sfondo d'oro, i rivestimenti murali a pannelli di marmo ed i pavimenti con intarsi di pietra.
Oltre ad alcuni grandi castelli edificati in posizione strategica sia a Palermo (divenuto in seguito il Palazzo Reale), che a Castellammare e a Messina (andato completamente distrutto), i re normanni si fanno costruire vari palazzi di "delizie" pensati cioè per il riposo. Dopo la dominazione degli Altavilla, la Sicilia ne possedeva nove, di cui sussistono soprattutto i palazzi della Zisa e della Cuba. Queste splendide ville, testimonianze di un'architettura destinata agli svaghi, sono immerse in grandi parchi con distese d'acqua e provviste, nel loro interno, di due caratteristiche aree: l'iwan (sala a tre esedre) e il cortile all'aperto, circondato da portici e abbellito da una o più fontane. Questi due spazi, il primo originario della Persia abbasside e il secondo dell'Egitto fatimide, fanno la loro apparizione sull'isola nel XII sec. passando per il Maghreb, in quel tempo dominato dalla Sicilia e esteso fino, alle attuali coste tunisine. Tali aree sono presenti in tutti gli edifici costruiti dagli Altavilla, sia a Palermo che nel resto dell'isola. Anche la decorazione è ampiamente ispirata all'arte islamica: pavimenti marmorei o costituiti da mattoni disposti a spina di pesce, pareti ricoperte da mosaici (realizzazione piuttosto bizantina ma con motivi arabizzanti) e infine soffitti ed archi adorni di muqarnas scolpiti e dipinti. Tra il XIII e il XV sec. la Sicilia conosce un lungo periodo di instabilità politica, durante il quale regnano numerosi sovrani, tra cui gli Hohenstaufen di Svevia (1189-1266), gli Angioini (1266-1282), gli Aragonesi (fino aI 1416) e gli Spagnoli (a partire dal 1409). Il loro punto in comune è quello di accogliere, in una terra così lontana, grandi creazioni gotiche poco apprezzate nel resto della penisola.Enrico IV e soprattutto Federico II, che regna più a lungo (1208-1250), conservano i numerosi edifici religiosi e palazzi ereditati dai Normanni, segnando invece la loro epoca con la costruzione di roccaforti, realizzate su progetti di architetti provenienti dal nord. Il gotico entra quindi in Sicilia nel XIII sec. sotto forma di architettura fortificata. A tale periodo risalgono i castelli di Siracusa (Castello Maniace), Catania (Castello Ursino) ed Augusta, così come le fortificazioni del castello di Enna (centro strategico dell'isola occupato a partire dall'epoca bizantina), di cui sussistono otto imponenti torri. Questi edifici sono caratterizzati da una pianta altamente geometrica (struttura quadrata con torri angolari o mediane), portali o finestre ad arco a sesto acuto, muri spogli ed austeri dominati da feritoie e merloni e infine stanze con volte ogivali.Se i sovrani del XIII sec. avevano avuto un ruolo preponderante nella nascita in Sicilia del gotico nordico, le grandi famiglie feudali che regnano negli anni successivi, e in particolare quella dei Chiaramonte, sviluppano tale movimento dimostrando un evidente talento nella costruzione di palazzi urbani e di chiese. Palazzo Chiaramonte, detto Lo Steri in piazza Marina, dimora palermitana di questa importante famiglia, ne costituisce un tipico esempio con la sua facciata di raffinata bellezza, coronata da feritoie ed unicamente adorna di splendide finestre con archi a sesto acuto. L'edificio possiede varie sale e cappelle interne con volte ogivali e un'ampia stanza, la più celebre di tutte, con soffitti dipinti che rievocano scene bibliche e cavalleresche, attribuite a tre pittori siciliani, Simone da Corleone, Cecco di Naro e Darenu da Palermo (non visitabili). I palazzi urbani vengono poi tutti costruiti in base a questo modello. Sono caratterizzati da bifore e trifore sormontate da archi di scarico sia traforati che ornati da motivi geometrici policromi. I Chiaramonte, che mantengono la loro egemonia durante tutto il XIV sec. a causa dell'indebolimento del potere reale, sono all'origine della costruzione e del restauro di numerosi edifici: da Mussomeli a Racalmuto e da Montechiaro a Favara, si contano almeno una decina di castelli ed edifici.Per meglio comprendere il successo dello stile gotico-catalano in Sicilia, basta ricordare l'importanza rivestita dalla dominazione spagnola a partire dalla fine del XIV sec., con il regno degli Aragonesi. Anche se in netto ritardo rispetto agli altri paesi europei dove si sta già sviluppando il gotico fiammeggiante, la confederazione catalano-aragonese (divenuta, a partire dal XIII sec., una delle più grandi potenze del Mediterraneo) diffonde nell'isola il suo interesse per un gotico relativamente sobrio: figure affinate, senso delle proporzioni, tendenza a dar maggiore importanza all'ampiezza delle forme (e non più all'altezza, in particolare nel campo religioso), ampie vetrate che si aprono su facciate lisce e spoglie. A questo periodo appartengono i palazzi Santo Stefano e Corvaja di Taormina e il portale della Cattedrale di Palermo. Sulle finestre di Palazzo Bellomo a Siracusa, sono invece riprodotti i motivi decorativi di un edificio di Barcellona.
Verso la fine del XV sec., le creazioni di Matteo Carnelivari sono le testimonianze più rappresentative di tale influenza: agli elementi bizantini, arabi e normanni provenienti dalla più antica tradizione locale, egli unisce infatti alcuni elementi catalani, inoltre quest'artista disegna i progetti dei palazzi Abatellis e Ajutamicristo e probabilmente anche quelli della chiesa di Santa Maria della Catena a Palermo, la cui facciata presenta un atrio a tre arcate che sorregge un imponente muro.

Pittura e scultura - in questi due campi brillano unicamente artisti provenienti da altre regioni: gli scultori toscani e soprattutto pisani, già noti per le opere realizzate altrove, sono chiamati a lavorare nell'isola. Nino Pisano (scultore, architetto ed orefice di Pisa) esegue una morbida e ancheggiante Annunziata, tipica del suo stile, nella cattedrale di Trapani, città che a partire dal XIV sec. attira numerosi scultori per via delle sue cave di marmo. Bonaiuto Pisano realizza a Palermo l'aquila che sormonta il portale d'accesso di Palazzo Sclafani, monumento particolarmente noto per il magnifico affresco del Trionfo della Morte (oggi ospitato nella Galleria Nazionale di Sicilia, sempre a Palermo). Anche in pittura. Antonio Veneziano (formato a Venezia e attivo a Firenze) e Gera da Pisa così come alcuni artisti spagnoli, quali ad esempio Guerau Janer, lavorano per un periodo in Sicilia.
Verso la fine del XV sec. il successo di questi artisti è tale che molti di loro decidono di stabilirsi definitivamente sull'isola, come Nicolò di Maggio (di origine senese) che lavora soprattutto a Palermo.

 

rinascimentale

Queste due correnti, tipicamente italiane in origine, non sono in Sicilia di grande impatto. I sovrani spagnoli sono infatti poco propensi allo sviluppo nell'isola di nuove tendenze artistiche, dato che il loro paese d'origine subisce ancora l'influenza dello stile gotico, il rinascimento entra quindi in Sicilia grazie all'arrivo di artisti formati dai grandi maestri toscani.

Pittura - Nel XV sec., mentre l'italia centrale si lascia trasportare dalle correnti umanistiche e rinascimentali, la Sicilia mostra un certo interesse per questo nuovo approccio dell'arte solo grazie alla presenza di Antonello da Messina. Benchè la sua vita e la sua carriera siano a lungo rimaste un mistero, egli è sicuramente il più famoso artista siciliano. Nato a Messina nel 1430 e formato a Napoli intorno al 1450 nella bottega di Colantonio, Antonello da Messina inizia presto a viaggiare, entrando in contatto con gli artisti veneziani e fiamminghi che, gli permettono di perfezionarsi nella tecnica del colore, grazie al segreto e nuovissimo metodo della pittura ad olio. La composizione statica, la ricerca estetica della materia e la perfetta unità tonale caratterizzano lo stile di questo pittore, i cui capolavori conservati in Sicilia - L'Annunciazione a Palazzo Bellomo (Siracusa), l'Annunziata a Palazzo Abatellis (Palermo), il Polittico di S. Gregorio al Museo Regionale di Messina e il Ritratto d'ignoto al Museo Mandralisca di Cefalù - figurano tra le opere più importanti dello stile rinascimentale.
Nella prima metà del XVI sec., i pittori Cesare da Sesto, Polidoro da Caravaggio e Vincenzo da Pavia diffondono dal canto loro gli stili manieristi toscano e romano, tratti dagli insegnamenti di Leonardo da Vinci e Raffaello, mentre Simone de Wobreck (che resta in Sicilia fino al 1557) introduce le basi del manierismo fiammingo.

 

scultura - Nella seconda metà del XV sec., la scultura viene a sua volta completamente rinnovata grazie a vari artisti italiani, tra cui Francesco Laurana e Domenico Gagini.
Francesco Laurana, scultore ed incisore italiano, trascorre cinque anni in Sicilia (dal 1466 al 1471) dove realizza alcune opere, come la cappella Mastrantonio in San Francesco d'Assisi a Palermo e il busto di Eleonora D'Aragona a Palazzo Abatellis (Palermo). Si possono ammirare le sue Madonne con Bambino, dipinte in quel periodo, nella chiesa del Crocifisso a Noto, in quella dell'Immacolata a Palazzolo Acreide e al museo di Messina.
Domenico Gagini, nato da una famiglia di architetti e scultori italiani oniginari della regione dei laghi, si trasferisce definitivamente in Sicilia dove esercita la sua arte insieme al figlio Antonello, nato a Palermo nel 1478. E' in questa città che aprono una florida bottega. Le loro opere, che riflettono la predilezione dell'epoca per forme eleganti, vengono realizzate in marmo di Carrara e non più in tufo calcareo. La tecnica di Domenico Gagini viene poi ripresa nel campo della scultura dai suoi discendenti, di cui dieci godono di fama fino alla metà del XVII sec., sia in campo scultoreo (soprattutto opere in stucco) che in oreficeria. Numerose chiese siciliane conservano tuttora alcune splendide statue di madonne e di sante realizzate dai Gagini, benchè l'abbondante produzione abbia talvolta portato alla realizzazione di opere ripetitive e di scarso valore.
Il manierismo in scultura appare in Sicilia nel XVI sec. grazie alla presenza di artisti quali Angelo Montorsoli (1505-1563) che, venuto da Firenze, è uno dei primi a raggiungere l'isola stabilendosi a Messina dal 1547 al 1557. La sua collaborazione con Michelangelo a Roma e a Firenze, permette a quest'architetto e scultore di talento di acquisire una certa notorietà per aver dato origine al passaggio dallo stile rinascimentale a quello del manierismo "michelangiolesco". Nel 1550, egli esegue dodici altari marmorei destinati alle navate laterali del Duomo di Messina, in parte distrutti dal terremoto del 1908 e ricostruiti negli anni successivi. Tra le opere ancora intatte, la Fontana di Onione (1547-1550) a Messina costituisce uno dei massimi capolavori del XVI sec. il fiorentino Camillo Camilliani riprende i lavori di una fontana iniziata dal fratello Francesco per la villa fiorentina di Don Pedro di Toledo, che viene poi venduta alla città di Palermo nel 1573.

 

barocca

A partire dal XVI sec., la predominanza spagnola si fa sentire in maniera più netta in campo artistico, in primo luogo con un forte impulso controriformista e con una ricchezza ed un'esuberanza di un barocco più tipicamente spagnolo che italiano.

L'arte della Controriforma - La Sicilia sente ben presto il potere e l'autorità della Compagnia di Gesù, creata nel 1540 dallo spagnolo Ignazio di Loyola. Questo movimento, sorta di strumento di propaganda al servizio della fede, sente il dovere di proteggere l'impero cattolico da ogni tipo di pericolo. Costruite su modello della Chiesa del Gesù di Roma, le chiese "gesuite" di Sicilia ne possiedono le stesse caratteristiche. L'unica ed ampia navata è priva di qualsiasi elemento che possa nascondere l'altare, affinché le prediche possano "giungere" dirette ad ogni fedele. Il misto di solennità, imponenza, ricchezza e luminosità che regna all'interno di tali edifici religiosi è già percettibile dalla facciata: la sua ampia struttura presenta una parte elevata al centro, fiancheggiata da due ali più basse riservate alle cappelle che si affacciano direttamente sulla navata centrale. Le tipiche superfici spoglie dello stile rinascimentale sono qui suddivise in scomparti, mentre le colonne incassate sostituiscono gradualmente le lesene ed i pilastri piatti, in modo da creare ulteriori giochi di luce. A Palermo, la chiesa di S. Ignazio (detta anche dell'Olivella) è riconoscibile in lontananza dalle sue due torri e dalle sue dimensioni: perfetta testimonianza di tale stile, ha una facciata con colonne incassate che sostituiscono, intorno alle finestre e ai frontoni, i pilastri piatti rinascimentali, in modo da creare begli effetti chiaroscurali. La pittura della Controriforma riporta in auge i temi abbandonati dal protestantesimo, come la raffigurazione della Vergine, il dogma dell'Eucaristia e il culto dei santi. Lo stile delle opere realizzate continua a risentire dell'impronta di Raffaello e di Michelangelo. Solo pochi artisti palermitani (e poco conosciuti), tra cui Vincenzo degli Azani, seguono questa corrente.

Situazione storica e caratteri stilistici - Il barocco, che in Spagna raggiunge il suo apogeo nella seconda metà del XVII sec., si diffonde quasi contemporaneamente pure in Sicilia, grazie anche alle precedenti influenze arabe e bizantine che hanno abituato i siciliani ad uno stile impreziosito da marmi e dorature. L'importanza attribuita ai dettagli contribuisce alla nascita di numerosi artisti che vengono ispirati dall'esuberanza delle forme e dalla ricchezza delle decorazioni: le grate vengono minuziosamente lavorate, i balconi sono sorretti da mensole con varie figure spesso sogghignanti e derisorie, si studia approfonditamente la disposizione dei volumi e i lavori ad intarsi in pietre policrome rivaleggiano per diversità e fantasia. Inoltre, a differenza del barocco peninsulare, in Sicilia esso si estende all'urbanesimo e all'architettura.
All'inizio del XVII sec., l'amministrazione dei vicerè spagnoli intraprende la costruzione di un centinaio di nuove città, per soddisfare le esigenze di un vasto programma territoriale. Con il terremoto del 1669 e quello ancor più terribile del 1693, che distruggono quasi tutta la parte sud-orientale dell'isola, la riedificazione delle città viene immediatamente intrapresa sotto l'impulso delle autorità locali, dell'aristocrazia, degli urbanisti (Fra' Michele La Perla, Fra' Angelo Italia) e degli architetti (Vaccarini, Ittar, Vermexio, Palma e Gagliardi). Il sisma aveva aperto un immenso squarcio da Catania a Siracusa, toccando inoltre Avola, Noto, Scicli, Modica, Ragusa, Vittoria, Lentini e Grammichele. Il barocco siciliano si concentra quindi in questa parte dell'isola e nei dintorni di Palermo (Bagheria e Trapani), sede del potere.

architettura - Per la maggior parte formati a Roma, gli architetti si ispirano ai capolavori del barocco romano, superandolo a volte in un eccesso di forme, volumi e temi scelti per la decorazione scolpita. Il sentimento di fragilità della vita nei confronti delle forze della natura si traduce in un approccio dell'arte ormai lontano dalla ricerca del bello. La derisione, l'eccesso, la morte, la sofferenza e addirittura la bruttezza (della vecchiaia, della miseria e della deformazione fisica) si ritrovano nei motivi decorativi. Le forme contorte, adatte alle strutture architettoniche, si rivelano perfette per il ricco rivestimento di facciate e interni. La ricostruzione delle città è anch'essa impregnata di questa tendenza all'esagerazione, che non solo tocca l'ispirazione architettonica ma anche quella urbanistica.
Così succede a Catania, "riedificata" da Giovanni Battista Vaccarini (Palermo 1702 - Milazzo 1769) che, durante il suo apprendimento a Roma sotto la guida di Carlo Fontana scopre la geniale creatività del grande e tormentato architetto Borromini. Tornato in Sicilia intorno al 1730, Vaccarini dedica trent'anni della propria vita alla ricostruzione della città di Catania (facciata del Duomo e Palazzo Senatorio o degli Elefanti). La fontana dell'Elefante (in pietra di lava) rievoca quelle erette dal Bernini a Roma (1735) ma la sua maggiore opera d'arte è senza alcun dubbio la Badia di Sant'Agata: a pianta ellittica, presenta una facciata che ricorda, per le sue ondulazioni, la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane a Roma, opera di Borromini.
Anche Palermo possiede numerosi edifici d'ispirazione romana, dovuti ad uno dei principali architetti, Giacomo Amato, di origine palermitana (1643-1732) ma formato a Roma. Il suo stile è caratterizzato dall'impiego di motivi decorativi appartenenti all'architettura romana del XVI sec.: la chiesa di Santa Teresa alla Kalsa (1686), quella della Pietà con le sue colonne salienti che formano due imponenti piani (1689), la chiesa del SS. Salvatore con la sua cupola ellittica e numerosi palazzi privati ne costituiscono le testimonianze. Tra tutti i monumenti barocchi di Palermo, come Porta Felice e Porta San Domenico, le fontane e le facciate situate al crocevia dei Quattro Canti nel centro storico, caratterizzano pienamente lo stile barocco. Le nuove dimore aristocratiche iniziano anch'esse ad ostentare la propria ricchezza, rivestendosi di decorazioni stravaganti, come ad esempio i palazzi Mirto e Butera.
Noto, interamente ricostruita dopo il terremoto del 1693, rappresenta una perfetta illustrazione dell'omogeneità del barocco urbano siciliano, essendo stata progettata come un ampio teatro. Le prospettive "accelerate" vengono create dall'allineamento delle cornici nelle viuzze in salita, le ricche decorazioni delle facciate offrono un tocco d'animazione alle strade, mentre gli ornamenti che incorniciano le finestre e i balconi minuziosamente lavorati celebrano l'arte degli scultori e dei mastri ferrai. Quest'eccezionale insieme viene pressochè interamente ideato da un solo uomo, l'enigmatico Rosario Gagliardi, di cui si conoscono unicamente la data di nascita (a Siracusa nel 1680) e quella di morte, avvenuta a Noto nel 1726. Il più grande architetto barocco dell'isola, il cui incommensurabile lavoro è tutto concentrato in questa minuscola area, è anche attivo nelle due città vicine a Noto, ossia Ragusa e Modica. A Ragusa, egli edifica le chiese di San Giuseppe e San Giorgio. Quest'ultima è preceduta da una bella scalinata monumentale e da una lunga piazzetta, che esaltano trionfalmente la sua facciata dove le numerose statue sembrano muoversi e vibrare. Gagliardi, forse aiutato da altri architetti netini, progetta inoltre, per Modica - la vicina rivale di Ragusa - la pianta della magnifica chiesa di San Giorgio, riconoscibile dalla sua slanciata torre campanaria. Tra i palazzi barocchi, quelli di Bagheria, situata a pochi chilometri da Palermo, sono sicuramente i più rappresentativi dell'arte barocca siciliana. Tra queste raffinate ville, con saloni, dalla lussuosa mobilia e giardini popolati di statue, spiccano villa Cattolica, villa Trabia, villa Butera, villa Valguarnera e villa Palagonia, nota per la sovrabbondanza delle sue decorazioni. Eretta intorno al 1715 su ordine di Ferdinando-Francesco Gravina, principe di Palagonia, per un frate predicatore, Tommaso Maria Napoli, questa dimora viene arricchita intorno al 1746 da un'esuberante decorazione voluta dal nipote, Ferdinando Gravina Alliata. La villa diviene allora il monumento simbolo dell'assurdo, nota in tutta l'Europa dell'illuminismo ancor prima della visita di Goethe nel 1787.

scultura e decorazione - La profusione diviene in quegli anni la base di ogni elemento scultoreo e decorativo. All'interno degli edifici religiosi, le pale d'altare si ornano di pannelli marmorei scolpiti in rilievo e di colonne tortili, mentre le cornici e i frontoni sono arricchiti da figure di angeli. Tra i numerosi artigiani che fanno uso del marmo, dello stucco e della decorazione policroma, si impone in particolar modo Giacomo Serpotta (1652-1732). Dopo una formazione a Roma egli torna a Palermo, la sua città natale, per realizzare la statua equestre di Carlo II ed iniziare poi una lunga carriera di decoratore specializzato in stucchi: l'oratorio di San Lorenzo (1686-96), l'oratorio di S. Cita (1686-88) e l'oratorio del Rosario a San Domenico (intorno al 1714-1717), sono interamente ornati di figurine e di cartocci in rilievo, i cui particolari appaiono spesso molto delicati. Serpotta si dedica inoltre all'arricchimento di numerose chiese, tra cui la chiesa della Gancia e quella del Carmine. In tarda età, egli realizza la decorazione delle chiese di San Francesco d'Assisi (1723) e di Sant'Agostino (1726-28, con alcuni suoi allievi), dove i bassorilievi adorni di scenette testimoniano il completo raggiungimento di un raro virtuosismo. Massimo esponente della scultura barocca siciliana, Serpotta viene inoltre considerato il precursore delle caratteristiche forme appartenenti al rococò.

la pittura barocca - I pittori barocchi sono principalmente interessati alla ricerca sia di effetti prospettici e a "trompe-d'oeil" che di composizioni con figure diagonali o a spirale. I temi scelti per la realizzazione delle opere ricordano alcune scene della storia sacra o finzioni allegoriche. La figura più rappresentativa di questo movimento è sicuramente il Caravaggio. Michelangelo Merisi (1573-1610), detto il Caravaggio dal nome del suo villaggio natale situato vicino a Bergamo, inizia la sua carriera nel 1588 a Roma presso il Cavaliere d'Arpino. Per il suo temperamento piuttosto litigioso, è costretto nel 1605 a lasciare la città per raggiungere Napoli, poi Malta ed infine la Sicilia. Ai margini di ogni convenzione artistica, lo stile del Caravaggio è caratterizzato dalla drammaticità delle sue figure, evidenziate dagli effetti di chiaroscuro: Durante il periodo trascorso in Sicilia, l'artista esegue importanti opere, tra cui Il Seppellimento di Santa Lucia (1609), oggi conservata a Palazzo Bellomo a Siracusa, L'Adorazione dei pastori e La Resurrezione di Lazzaro, custodite nel museo di Messina. Questi dipinti ispirano in seguito numerosi artisti quali Alfonso Rodriguez (1578-1648) e Pietro Novelli (1603-1647), quest'ultimo influenzato inoltre dal pittore Olandese Van Dyck, che soggiorna a Palermo nel 1624. La Madonna del Rosario, che si trova nell'oratorio della chiesa di S. Domenico, costituisce una delle testimonianze del suo passaggio in Sicilia.

 

moderna

Il neoclassicismo - Questa corrente, sviluppatasi a partire dalla metà del XVIII sec. fino all'inizio del XIX, è segnata dalla passione per l'architettura greca e romana, riscoperta in seguito agli scavi effettuati ad Ercolano, Pompei e Paestum. Nel campo della pittura tale tendenza si traduce con la rappresentazione di resti archelogici, che conosce un grande successo. La scultura si arricchisce di un nuovo esponente, Ignazio Marabitti (Palermo 1719-1797) formatosi a Roma presso Filippo della Valle. Di questo artista si puù ancora ammirare la pala di Sant'lgnazio realizzata per la chiesa di Sant'Agata al collegio di Caltanissetta. A Palermo acquisisce una certa popolarità lo scultore Venanzio Marvuglia (Palermo 1729-1814): allievo del Vanvitelli a Roma, egli effettua l'ingrandimento della chiesa di San Martino delle Scale, l'oratorio di Sant'Ignazio all'Olivella (Palermo) e la villa del Principe di Belmonte. Al suo stile prevalentemente classico, l'artista aggiunge a volte una nota di esotismo, come per il padiglione cinese del parco della Favorita a Palermo.

Il naturalismo - Benchè dedito alla rappresentazione della realtà come altri artisti italiani, lo scultore Domenico Trentacoste (Palermo 1859 - Firenze 1933) non può tuttavia ancora essere considerato un naturalista. In arte, lo scopo di questa corrente (sorto dal movimento letterario verista maestralmente rappresentato in Sicilia da Giovanni Verga) è quello di raggiungere, oltre la soglia della superficialità, il profondo dell'essere. Affascinato in un primo tempo dai modelli quattrocenteschi, Trentacoste si dedica poi al naturalismo di Rodin, incontrato a Parigi intorno al 1880. Porta poi gradualmente il suo interesse verso la pittura popolare, i temi mitologici, il ritratto e il nudo (Faunetta nella galleria E. Restivo di Palermo).
Ettore Ximenes (Palermo 1855 - Roma 1926) si forma nella sua città natale e poi a Napoli, sotto la guida di Domenico Morelli. La resa realistica che caratterizza la maggior parte delle sue opere, a volte lascia il posto a linee più sinuose, tipiche dello stile liberty.

Il liberty - il liberty conosciuto anche sotto il nome di Art Nouveau o stile floreale, compare in Italia solo a cavallo dei due secoli, quando ormai nel resto d'Europa si è già affermato. Sviluppato soprattutto nel settore delle arti decorative, si caratterizza per le linee sinuose dei soggetti, siano essi figure dipinte, oggetti in ferro battuto, mobili. Un forte impulso viene dato dall'Esposizione D'Arte decorativa moderna tenutasi a Torino nel 1902. In particolare, in Sicilia grande rilievo ha la figura di Ernesto Basile, (Palermo 1857-1932), Architetto, figlio del famoso Giovanni Basile (ideatore del Teatro Massimo a Palermo), studia prima le forme dell'arte arabo-normanna e rinascimentale per approdare poi all'Art Nouveau. Sono di questo periodo i suoi lavori alla Villa Igiea (ove realizza una bellissima decorazione floreale per la sala da pranzo, al Caffè Ferraglia a Roma ed in alcune ville palermitane, tra cui Villino Florio. Si dedica inoltre alla creazione di motivi decorativi per tessuti e di mobili.
La Villa Malfitano di Palermo, residenza della famiglia Whitaker che ha reso celebre l'incomparabile vino dolce di Marsala, rappresenta una perfetta testimonianza del successo ottenuto dal liberty in Sicilia.

Arte contemporanea - Sebbene non abbia dato origine ad una corrente artistica di fama internazionale, la Sicilia può tuttavia vantare la presenza di alcune interessanti figure. Il pittore Fausto Pirandello (1899-1975), figlio del celebre scrittore, si interessa innanzitutto alla pittura cubista (di Braque in particolare) e raggiunge poi un equilibrio a cavallo tra l'astrattismo e l'arte figurativa.
Renato Guttuso (1912-1987), pittore neorealista, si forma a Palermo, ove compie studi classici, si trasferisce poi a Roma ed in seguito a Milano, ove rafforza la sua posizione politica nettamente antifascista. E in questi anni che si volge verso un'arte realista. Per i suoi dipinti, caratterizzati da un appiattimento della prospettiva, da una scomposizione geometrica che Io avvicina all'arte di Picasso, sceglie spesso soggetti in cui traspare il suo impegno sociale. A partire dal 1958, Guttuso si apre anche all'espressionismo. Ne nasce un nuovo modo di intendere la pittura, che al realismo dei soggetti unisce l'emozione, il movimento espresso attraverso l'utilizzo di colori forti e di linee decise. Una delle opere più tarde, la Vucciria sintetizza in maniera esemplare il suo stile: la cruda e realistica immagine del quarto di bue appeso in primo piano, l'accatastarsi delle cassette di frutta e di pesce che, nella loro sovrapposizione, suggeriscono la profondità, la linea centrale dei personaggi, ma soprattutto della donna di spalle in primo piano, che anima e movimenta la composizione.
Tra gli artisti contemporanei siciliani emergono poi alcuni scultori. Pietro Consagra, nativo di Mazara del Vallo (1920) studia a Palermo e giunge poi a Roma, ove si accosta all'arte astratta. Le sue sculture lasciano trasparire la ricerca sui materiali, seguita poi dal tentativo di annullare lo spessore della materia, realizzando opere con lamine sottilissime. In Sicilia, il suo nome è sicuramente legato a Gibellina, ove realizza l'imponente Stella d'ingresso alla città, e alla Fiumara d'Arte. Lo scultore Emilio Greco, nato a Catania nel 1913, s'ispira alle forme classiche, in una continua ricerca dell'armonia e dell'equilibrio. Ed è per questo che studia sia l'arte greca, che quella etrusca, romana e rinascimentale. Uno dei suoi soggetti preferiti è il corpo femminile, ma si dedica anche ad altri temi quali ad esempio quelli legati alla sfera religiosa (realizza nel 1961-64 la porta bronzea del Duomo di Orvieto e il monumento a Papa Giovanni XXIII in S. Pietro a Roma). Suo è anche il monumento a Pinocchio a Collodi. Infine Salvatore Fiume (1915-1997), noto anche come Giocondo, è attivo in vari campi tra cui la scultura, la scenografia e la pittura, che gli permette di ottenere un rapido successo. I suoi dipinti, che riflettono la diversità delle sue fonti ispiratrici, vanno dalla rappresentazione di una natura idealizzata alla piatta realtà della vita quotidiana (come la raffigurazione di donne al mercato), passando dalle ricchezze delle varie civiltà che si sono succedute in Sicilia: la sua arte si tinge di un tocco di orientalismo quando egli si riferisce all'influenza araba. In tarda età, Fiume si dedica inoltre all'arte sacra illustrando alcuni episodi biblici per le edizioni Paoline.
Per concludere, si ritiene opportuno evocare la Fiumara d'arte, situata nel massiccio dei Nebrodi, una mostra permanente di opere contemporanee dovuta all'iniziativa di un industriale siciliano, che accoglie artisti di ogni genere.